“Non rendo vana la
grazia di Dio”
Servo di Nicola D’Onofrio
Sabato 15 giugno 2013
È da tempo che celebriamo l’anniversario dell’andata al cielo del Servo di Dio Nicola D’Onofrio. Ogni anno, nell’omelia - e con diversi scritti - si è cercato di evidenziare un particolare aspetto della sua vita. Soprattutto all’inizio, si poteva temere di essere considerati semplicemente degli estimatori (un po’ esagerati) di un confratello che, in fondo, non sembrava aver mostrato nulla di straordinario durante la sua vita.
Col
passare degli anni ci si è convinti sempre di più - e sempre più persone - che
in verità la vita di Nicola D’Onofrio non è stata così ordinaria come la si
poteva immaginare all’inizio. A dissipare ogni residuo dubbio sono intervenuti i
teologi consultori incaricati dalla Congregazione per la Causa dei santi ad
esprimersi circa l’esistenza o meno della eroicità delle virtù nel nostro Servo
di Dio. Questo accadeva il 19 giugno dell’anno scorso. I Cardinali e i Vescovi
nella Sessione Ordinaria del 4 giugno di quest’anno hanno riconosciuto che il
Servo di Dio Nicola D’Onofrio ha esercitato in grado eroico le virtù teologali,
cardinali ed annesse.
Possiamo dire che si è concluso felicemente un cammino iniziato presso il Vicariato di Roma il 18 maggio del 2000. “Sono state ascoltate 44 deposizioni, sono stati raccolti numerosi documenti e si è prodotta una buona Positio arricchita da una buona bibliografia” (p. 20). “Due censori teologi hanno esaminato i suoi scritti dandone una valutazione positiva e anche una Commissione Storica composta di tre periti ha esaminato la documentazione prodotta dando anch’essa una valutazione positiva di quanto è stato raccolto” (Relatio et Vota, p. 20).
Mi limito a riportare alcune affermazioni dei teologi consultori. Ritengo una lecita curiosità quella di conoscere il giudizio di esperti non camilliani, esperti che esprimono il proprio parere nell’ambito del loro grave compito in seno al Dicastero per la Causa dei Santi.
“Possiamo
qualificare la vita del Servo di Dio come una vita ordinaria di straordinaria
santità […] a) è chiara la ordinarietà della vita di Nicolino sia nei
suoi 12 anni in famiglia che nei 9 anni in Seminario; solo arrivando al
sacerdozio avrebbe potuto, eventualmente, sperimentare forme specifiche di vita
straordinaria; b) è altrettanto chiaro che c’è stata nel servo di Dio
straordinarietà di santità negli ultimi 2 anni della sua vita, cioè da quando a
fine anno del 1962 sono apparsi in lui i primi sintomi e disturbi del male che
lo avrebbe portato alla morte il 12 giugno 1964: i suoi scritti e le concordi
testimonianza processuali lo dimostrano convincentemente; c) in quanto
alla straordinarietà della santità nei 19 anni precedenti, mi pare di poter dire
che non è esatto affermare che in essi c’è un ragazzo e un giovane solamente di
bontà normale, anche se in alcuni aspetti lodevole e distinta; nemmeno mi pare
esatto dire che in essi c’è una santità straordinaria sic et simpliciter
come nei due anni seguenti. Mi sembra invece esatto dire che in Nicolino in tali
anni c’è stata una vera tensione progressiva alla santità, appropriata alla sua
fanciullezza, adolescenza e giovinezza, e che ci sono stati dei segni
inequivocabili di tale tensione progressiva, quali sono stati: 1) la
volontà decisa di farsi camilliano; per ben 4 volte dovette reagire con energia
ai familiari che erano contrari a ciò; 2) la distinta vita di preghiera
notata soprattutto nel noviziato fino ad essere canzonato dai pettegoli come
“santino e torcicollo”; 3) la costante volontà di farsi santo, imitando
prima S. Camillo e poi, più avanti, S. Teresa di Lisieux; […] 4) il fatto
che l’esplosione della straordinarietà di santità dimostrata negli ultimi due
anni di vita è stata tale, perché se n’è presentata l’occasione nel calvario
della sua malattia mortale, ricordando che santi si diventa e non s’improvvisa;
5) la completa docilità dimostrata ai suoi superiori ed educatori,
specialmente al maestro dei novizi” (pp. 33-34).
Scrive un altro teologo consultore: “Il Servo di Dio è un esempio da additare: per la sua fede, come abbandono alla volontà di Dio; per il suo stile di preghiera, tenero e filiale; per la sua carità, come dedizione verso gli altri, in modo del tutto gratuito. Egli è un modello da imitare per la sua generosa risposta alla vocazione religiosa, per l’allegria con cui ha donato se stesso: la gioia, fondata sul mistero della croce, che ha costantemente ornato il suo volto. L’auspicio pertanto è che si giunga, quanto prima, alla beatificazione del Chierico Nicola D’Onofrio” (p. 81).
Potrei citare molto
altro, ma termino con la discussione del Congresso, ossia la seduta finale dei
Consultori Teologi. Si
legge nel verbale: “Più di un partecipante ha manifestato il proprio entusiasmo
e l’edificazione ricevuta dallo studio approfondito del materiale probatorio,
sia testimoniale che documentale, contenuto nella Positio.
I Teologi presenti hanno preso atto che le testimonianze processuali riportate nel Summarium convergono unanimemente sul fatto che il D’Onofrio, nella sua pur breve vita, esercitò complessivamente tutte le virtù in modo straordinario, con equilibrio, costanza, prontezza d’animo e serenità di comportamento. È stato sottolineato che, anche nei momenti difficili e di sofferenza, il Servo di Dio ha manifestato una serenità non comune e testimoniato una fede eroica. Ciò avvenne specialmente durante il periodo della malattia, nel quale si conformò pienamente alla volontà di Dio, fino a considerare la malattia stessa un dono dell’amore paterno del Signore. […] Il tempo della malattia e della morte portò a maturazione e rivelò il lavorio interiore della grazia a cui il Servo di Dio corrispose, con generosità esemplare, lungo il corso di tutta la sua breve ma intensa vita” (pp. 118-119).
Il nostro caro Nicola - durante la sua vita - a ragione poteva fare sue le parole di san Paolo, appena proclamate: “Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio”.
Ad ognuno di noi viene consegnata questa ricca eredità. Una vita pienamente realizzata perché totalmente donata con gioia a Dio, all’Amore Supremo che mai delude, mai abbandona.
Tra meno di un mese si apre l’anno celebrativo del IV centenario della nascita al cielo di S. Camillo. Sono certo che anche lui sta rallegrandosi per il cammino che il suo figlio Nicola sta facendo dentro di noi e nella Chiesa. In attesa di ancora altro, ringraziamo il Signore datore di ogni bene. Lui ci ricorda che la meta finale sta lì a pochi passi davanti a noi e ci sprona a camminare in quella direzione, la stessa del Servo di Dio Nicola D’Onofrio.
P. Renato Salvatore
Superiore Generale
dell'Ordine di San Camillo