Dall’uscita Pescara-sud dell’Autostrada A14, oppure da Francavilla al Mare prendendo la strada a scorrimento veloce Fondovalle Alento, si arriva comodamente a Bucchianico. Chi vuole servirsi del mezzo ferroviario può fermarsi alla Stazione Chieti-Scalo oppure Pescara Centrale, da cui dista rispettivamente 15 Km e 25 Km, mentre il servizio aeroportuale nazionale, è garantito dall'Aeroporto d’Abruzzo di Pescara che dista circa 20 Km.
La
collina di Bucchianico si delinea allo sguardo nella sua interezza con
i suoi 371 metri sul livello del mare, coperta di ulivi e vigneti,
con le sponde dei torrenti coperti di vegetazione folta, cui fa da
sfondo il massiccio della Majella, montagna sacra e profumata. Il centro
antico si erge sulla valle urbanizzata da nuove costruzioni, circondato
da vegetazione e ricco di architetture barocche.
Il piccolo centro sì sviluppa sulla piazza rinascimentale
da cui partono le vie medievali, dalle quali si hanno colpi d’occhio sulla
campagna coltivata e collinosa, e sull’orizzonte azzurro, dove l’Adriatico
ed il cielo, poeticamente si confondono.
Da
una “villa” romana
si originò il borgo “Boclanico”
Alcuni reperti preistorici e del IV secolo
d.C. danno prova della presenza dell’uomo nel territorio bucclaneo già
nell’antichità. Il suo territorio fertile e ricco di sorgenti ha
consentito la colonizzazione e l'agricoltura. Il nome stesso di Bucchianico,
che deriva dal latino altomedievale Boclanico o Buccanicum, ed è
originato da Bucco, nome latino di persona, indica che la collina in epoca
tardoantica era una proprietà prediale. Con la discesa dei Longobardi,
la collina fu sede di una piccola roccaforte, detta Gastello di S. Silvestro
e di una fara, la cui testimonianza è rimasta nel toponimo Farciola.
Dal 989 al 1034, diventò un piccolo centro fortificato, denominato
castrum Bucclanici, ad opera del conte Tresidio, un potente rampollo della
nobile stirpe dei conti di Chieti, di origine longobarda, che in questo
periodo costituì una potente signoria estesa da Bucchianico e lungo
le falde della Majella fino ad arrivare alla valle del Sangro, alleata
all’importante abbazia di S. Clemente a Casauria, allora protetta dall’imperatore
ed opposta alla Contea di Chieti.
Il piccolo borgo diventò più
grande rispetto agli altri centri limitrofi e si arricchì dell’importante
monastero benedettino di S. Maria Maggiore e S. Urbano, dipendente da Montecassino
e retto da S. Aldemario abate di Capua, le cui reliquie si venerano tuttora
nella chiesa di S. Urbano.
Dopo la sottomissione al vescovo-conte di
Chieti tra il secolo Xl e XII, avallata dai Normanni, Bucchianico tornò
all’antica vitalità, con Federico Il di Svevia. Diventò comune
demaniale, restandovi alternativamente sino al sec. XV. Nel 1438 si rese
protagonista nella guerra tra Angioini ed Aragonesi, ricevendo il merito
di costantes et fortes e la perpetua demanialità; il condottiero
Braccio da Montone vi si rifugiò trovandovi fedeli alleati
degli Angioini, e vi resistette agli attacchi di Alfonso d’Aragona
che muoveva da Chieti, all’epoca diventata suo temporaneo presidio.
La libertà durò sino al 1461,
epoca in cui fu incorporata a Chieti. Alcuni anni dopo, la ritroviamo essere
proprietà della regina Giovanna IV e beneficiata di vantaggi
fiscali. Il 1518 segna una svolta radicale per la storia di Bucchianico:
da questa data sino al primo decennio dell'Ottocento, le sue sorti si legano
al governo dei Principi Caracciolo di S. Buono, il cui feudo comprendeva
numerosi paesi della Provincia di Chieti e parte del Molise e dell’Alto
Sangro.
Bucchianico diventò una piccola capitale
feudale, ove facevano riferimento i centri vicini. I Caracciolo costruirono
l’attuale piazza, principalmente per uso militare, ed un palazzo fortificato,
sede della corte marchionale, civile e penale e residenza dei principi.
In questo periodo si insediarono i De Lellis, esperti uomini d’arme e capitani
dell’esercito di Carlo V e alcune famiglie di origine milanese dedide al
commercio di spezie, alla tessitura della seta e del lino.
Proficua era anche la coltivazione dell’olivo,
vite e fichi, i cui prodotti erano commercializzati con Venezia e la Dalmazia. All’ombra
dei Caracciolo una folta schiera di professionisti e commercianti elevarono
il loro rango da borghesi a gentiluomini, sovente acquistando il titolo
araldico e diventando il ceto che prosperò sino alla prima metà
del Novecento. Ad esso appartennero le varie personalità oggi ricordate
per la loro benemerenza e cultura: tra le principali Angelo Camillo De
Meis, patriota, scienziato, filosofo (1817-1891), seguace di Hegel, professore
alle Università di Bologna e di Parigi e fondatore di un scuola
di medicina a Napoli.
Con la soppressione napoleonica, scomparvero
le comunità dei Minori Osservanti (stanziati in S. Chiara sin dal
1587), dei Minori Conventuali, presenti da più di seicento anni
e dei Camilliani presenti da trecento anni. I Carmelitani erano già
partiti nel 1652 dopo la Soppressione Innocenziana. I Benedettini e Celestini,
invece, avevano abbandonato il centro sin dai principi del secolo XV. L’eversione
della feudalità allontanò per sempre i Caracciolo di S. Buono.
La borghesia terriera diventò protagonista
dell’autogoverno locale, fu poco scalfita dal brigantaggio ottocentesco
e fu quella che governò Bucchianico sino all'avvento del Fascismo.
In quest’epoca Bucchianico viveva due realtà sociologiche: l’una
incarnata in un ceto borghese e artigianale, stabilita nel centro urbano,
l’altra rappresentata da un ceto contadino di propria cultura, in gran
parte abitante nel vasto territorio agrario.
Come nella maggior parte dei centri meridionali, la gente bucclanea rispose
con l’emigrazione extra-continentale ed europea ai disagi del sovraffollamento
(circa 6000 abitanti poco prima della Il Guerra Mondiale) e della sottoccupazione.
Il fenomeno finì a ridurre di circa un terzo la popolazione tra
il 1950 e 1960, e solo negli anni ‘70 il fenomeno si arrestò.
Attualmente Bucchianico presenta una capillare
urbanizzazione della campagna, fertile e produttiva, ed un graduale sviluppo
urbanistico del centro. E’ ben collegata con Chieti ed a quella che sempre
più si definisce area metropolitana Chieti-Pescara, trovandovi occupazione
lavorativa e l’istruzione secondaria superiore ed universitaria."
(Di Menna G., Santuario di San Camillo de Lellis - breve guida,
Casa Editrice Tinari, Bucchianico 1995, pp. 4-6)
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Questi alcuni elementi storici della famiglia De Lellis,
nella quale è nato San Camillo:
"Ritrovasi ancora quella Famiglia de’ Lelli con preggi
d’antica nobiltà nella Città di Teramo, di Bitonto, di Squillaci,
& in altre Città del Regno, ove non mancarono personaggi Insigni
nell’armi, e nelle Lettere per dignità,.e cariche ottenute,. e per
dominio di Castelle, nelle quali Città benche dalla nostra dì
Chieti si giudica, che quella Famiglia facesse passaggio per trattar noi
di quei personaggi, che come Cittadini di Chieti illustrarono la loro patria,
non entro à trattare dì quanto sotto questo cognome in esse
Città si trova di cospicuo.
E lasciando tanti atri, de’ quali con titolo dì
Militi, e di Regij Cabellani ne’ Regij Archivi mentionati si ritrovano,
non essendo il mio assunto di tessere ordinari discorsi delle nobili Famiglie
Chietine, farò solamente qui mentione di quel Giovanni de LelIis,
che per 44. anni continui militando sempre à prò dell’Imperador
Carlo V. e Re Filippo II. divenne un de maggiori Capitani, e Colonelli
de’ suoi tempi, rendendosi sopra tutto celebre, per haver generato al mondo
il Padre Camillo, Capo, e Fondatore della Religione de’ Padri Ministri
degl’Infermi, del quale al suo luogo si discorre brevemente.
Fu anche illustre Capitan de’ suoi tempi Alessandro fratello
del sopradetto Giovanni, come anche furono Honofrio, & Lelio padre,
& avo de sopradetti fratelli, i quali ad imitatione d’altri loro illustri
maggiori, per li loro fatti egregij, resi già si sono celebri appresso
gli Storici.
Lelio figliuol di Honofrio Barone de Castelli di S. Gio.
e S Hilario, fù Capitan dì cavalli, e Capotroppa di più
compagnie nello Stato di Milano, e Giovanni suo figliuolo nelle passate
rivolte del Regno servì S. M. C. Capitano d’una compagnia de Fanti,
portandosi con tanta fede, e valore che doppo la morte del Duca di Castel
di Sangro, à chi fù incomendata la piazza di Nola, che tenuto
havea il Marchese del Vasto, subentrò egli in quella carica, che
con poca gente difese, finche fù sorpresa dalla gente popolare,
lasciandovi lui gloriosamente la vita.
Lelio
fù Dottor di legge assai famoso de’ suoi tempi, che scrisse un volume
de singolari Legali, che manuscritto si conservava dal Dottor Donato de
Lellis suo congionto, come ne fà mentione Andrea Molfese nella terza
parte de’ commentarìj alle Consuetudini di Napoli, e Donato sopradetto
facendo passaggio in Napoli, ove stabilì la sua casa, divenne un
de più famosi Avocati, che fussero nell’età sua ne Regij
Tribunali, e di così profonda dottrina, & integrità di
vita, che non consultando, e difendendo se non il giusto, s’acquistò
il nome del Dottor della verità, & anche quello di padre de
poveri, mentre non solamente quelli non escludeva dal suo patrocinio, ma
anteponendogli à tutti gli altri, per riconoscere in essi la persona
di Dio, per amor dello stesso Dio gratiosamente li defendeva, e proteggeva,
e venendogli da Signori Vicerè più volte offerta la dignità
de’ Magistrati, con animo generoso rinunciandola, quanto n’era meritevole,
tanto si volle dimostrar di quella assai maggiore.
Non dico altro di Carlo hoggi vivente figliuolo del sopradetto
Donato, per non offendere la. sua modestia, e per giudicare la mia penna
insufficiente à poterlo pienamente lodare."
(Nicolino G., Historia della Città di Chieti, In Napoli,
Per gl'Heredi d'Honofrio Savio, MDCLVII, pp. 50-51)
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La parrocchiale S. Francesco |
Chiesa del Purgatorio |
Sant'Antonio del sec. XI |
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Convento di S. Francesco dal Chiostro |
Cripta dell'antica Abbazia di S. Urbano |
Chiostro del Convento Santa Chiara |